Stanotte ho sognato che nuotavo. ‘Per bene’, voglio dire. Non con carrozzina a bordo vasca, assistente domiciliare, e sollevatore per entrare.  ‘Per bene’ come negli anni da nuotatrice Master (leggi il mio post su www.giovanioltrelasm.it).
Entravo in una 25 metri un po’ affollata, in piedi salivo il bordo vasca, da sinistra bordo e poi blocco, come per tuffarmi (chi nuota conosce il gesto), mi prendevo lo sfizio di tuffarmi e anzi, lo riprovavo più e più volte che era da perfezionare, ‘sto tuffo. E finalmente rifacevo una partenza a RANA come si deve, e… nuotavo a rana! Che era il ‘mio’ stile (con la spasticità che paralizza le gambe e mi impedisce di piegarle, non nuoto più a rana da 3 anni).

Il bello è che sapevo, mentre nuotavo, di essere malata (e chissà forse neppure sapevo di stare sognando: era tutto realistico e intensissimo). Leggera, flessibile, naturale. Tanto per aggiungere un po’ di realismo, m’incazzavo pure col caos in corsia, com’è tipico di “noi” nuotatori.

Non voglio fare un post strappalacrime tutt’altro! Voglio invitarvi a pensare a quanto sia BELLO, liberatorio e alla portata di tutti il sogno. Ogni singola sera che vado a letto, penso a cosa mi riserveranno i sogni. E alla fine, sono come essersi fatti una doccia: mi ci sveglio rigenerata, vitale. Una specie di astronave notturna che mi porta ovunque.
Al mattino poi mi sveglio, mi carico in carrozzina, e via andare.
Non c’è che dire, siano benedetti i sogni.