Questo sotto, più che un semplice omaggio al nuovo studio della mia fiosioterapista privata, a Perugia, è una vera e propria dichiarazione d’amore. Meritata.

Oggi siamo al primo anno di attività del nuovo Move, auguri!

Ma lo studio io l’avevo conosciuto già anni prima grazie alla neurologa del centro Sclerosi Multipla che mi segue. A fatica, ma all’epoca camminavo ancora. “Le devo passare il numero di una fisioterapista giovane, la mia” disse, “guardi, fa un lavoro sulle lunghezze che è un capolavoro”.

…Lunghezze? Che roba era? Certo che se una neurologa di sclerosi multipla ti segnala una fisioterapista – anzi, di più: è la sua… – toccherà pure prenderla sul serio. Non sapevo che mi sarei addentrata allora nel fantastico mondo delle catene muscolari e compagnia. E non sapevo quanto sarebbe stato importante.

Per me, fino ad allora, il diaframma era una roba nelle lenti fotografiche, le lunghezze erano in autostrada, le catene e i cingoli, una roba da attrezzatura edile. Più di tutto, respirare era un atto banale, che sappiamo fare tutti da quando nasciamo, e quindi più o meno sarà uguale per tutti, no?

No.

Ho iniziato a fare fisioterapia con Laura che ancora camminavo, appunto. Appena arrivavo nel lungo corridoio della vecchia sede, lei da dentro lo studio mi sentiva e, “Oh La. Che c’è?”. Aveva già sentito che accanto ai due passi ce n’era un terzo dal suono metallico. Era il bastone, che iniziavo a dover usare e non accettavo. “Niente La, sto di merda”.

Bene, giù al lavoro. Respirazione paradossa – che anche questi l’ho studiati a filosofia io, i paradossi! – e mobilizzazione del diaframma (qualcuno mi spiega cos’è,‘sto benedetto diaframma? Dove sta? Com’è fatto? Esiste davvero? Un po’ come il punto G).

E quando uscivo da quella vecchia sede in una zona industriale della città, in un parcheggio che nessuno, penso, ha mai trovato bello per passeggiare, mi sono goduta le più belle ultime passeggiate che ricordi… Perché buttavo via il bastone, e camminavo dritta, sciolta, fluida, senza cadere. Mi ci attardavo a rientrare in macchina. Mi chiedevo, ma come sarà possibile che ‘sto accidenti di diaframma è tanto importante, che recuperare le lunghezze è tanto importante che fa ricamminare una quasi-disabile?

Niente di magico, è la fisioterapia, bellezza.

Oggi sto in carrozzina, di acqua sotto i ponti ne è passata. Ma ancora oggi e anzi più che mai oggi, il diaframma – che non è il punto G, comunque – è diventato la mia ancora di salvezza.

La fisioterapia io me la porto con me ovunque, perché ovunque posso respirare, smobilizzare il diaframma, allungare il corpo, ricominciare a piegare le gambe – cosa un attimo prima impossibile, per la spasticità della malattia – magari alzarmi in ginocchio, poi in piedi e subito appoggiata al muro, tiè!, ricamminare piano qualche passo. Dalla carrozzina!

La fisioterapia io me la porto con me ovunque oggi, perché non è un sacrificio né una noia mettermi la sera, al mare, in montagna, in hotel, a casa in salotto, fare esercizio secondo le mille nozioni di Laura – che mi ha trasmesso tecniche e strategie, tutto il fattibile in autonomia, ovviamente – e ri-muovere il corpo. La fisioterapia me la porto con me ovunque e anche a letto, sì, perché non c’è insonnia ostinata che regga a una bella respirazione: se respiri bene, ti parte lo sbadiglio, punto.

Quindi, caro studio Move, buon primo anno di vita nella nuova sede, ma per me potete fare tutti i traslochi che vi pare… Perché io questo bagaglio ormai me lo porto con me, ovunque.