Nell’overdose informativa sull’emergenza Covid-19 in cui siamo immersi tutti, anzi in cui siamo stati violentemente scaraventati, c’è sempre il solito grande assente: le persone con disabilità. Non parliamo poi delle persone con sclerosi multipla, non pretendo così tanto (eppure stanno passando un brutto quarto d’ora, leggetevi le notizie in merito sul sito dell’AISM). Si parla (giustamente) di anziani, immunosoppressi, ‘soggetti con patologie’. Ma i disabili, come da copione solito, non pervenuti. E mi fa sempre più rabbia. Non dico le persone comuni (capisco che il panico ti faccia perdere lo sguardo d’insieme… Non è giusto, è comprensibile): ma le istituzioni, la grande informazione? Zero. Invisibili o tutt’al più nascosti, al momento irrilevanti, sorta di “vedo ma non vedo” (come nella foto sopra).

Si sono poste il problema, le autorità sanitarie, che una persona come me non possa rispettare, ad esempio, le distanze di sicurezza idonee a evitare il contagio? Per circa 20 ore a settimana le mie assistenti, fra pubbliche e privata, mi lavano e vestono. Senza di loro, con mio marito che deve cercare di lavorare, io sono finita. Non posso scegliere, altro che distanza ‘droplet’! Si sono posti il problema, enti locali e cooperative in appalto, di fornire gli operatori degli adeguati presidi? Hanno una mascherina monouso ciascuno (non la FFP3 che sarebbe quella giusta, ma la classica chirurgica) mentre chi può si attrezza diversamente, per esempio noi le reperiamo su Amazon a prezzi da denuncia (e chi non può permetterselo? Il problema dei DPI d’altronde va a condizionare le risorse già esigue della Sanità pubblica: ne siamo tutti consapevoli ma ne avremmo tutti, chi più chi meno, bisogno).

Come persona con SM immunosoppressa non posso effettuare le terapie (i miei neurologi preferiscono aspettare, a data da definirsi ormai, visto l’evolversi imprevedibile della situazione). Come persona con SM progressiva attiva – cioè con ancora rischio di ricadute, oltre alla progressione costante della disabilità – non posso, in mancanza temporanea di terapie, neppure monitorarmi: nel mio ospedale si rimandano esami, prelievi, risonanza magnetica, etc. per gli esterni (e vista la pandemia in corso, auguriamoci di non essere ‘interni’ cioè ricoverati, ché l’aria ospedaliera si sa, non è il massimo quanto a rischio infettivo). Non ci sono corsie preferenziali – che so, spazi sanificati per almeno le visite e la diagnostica, fornitura di presidi e disinfettanti – per noi. Insomma facciamo che la malattia se ne stia buona a lungo, perché sanità e Welfare non sono attrezzati.

Nessuno di noi poteva prevedere tutto questo. E nessuno ne ha colpa, anzi bisogna ringraziarla e moltissimo la nostra sanità, quella operativa, quella sul campo. Ma perché, nel quotidiano bollettino di guerra sul covid-19 – una vera ‘infodemia’, epidemia di informazione – le persone disabili non vengono mai citate? L’emergenza dei centri diurni, le cooperative sguarnite di personale (che spesso dà forfait per paura di entrare nelle case degli assistiti) e di adeguati presidi, i caregiver sempre più soli alle prese con l’assistenza, la scuola chiusa, le persone con disabilità cognitivo-intellettiva che vedendosi capovolgere d’improvviso una routine quotidiana entrano in crisi, con le famiglie che devono gestirle da sole… L’emergenza è inedita e totalizzante, e ci sta che alcune categorie, nel panico collettivo, non vengano ‘viste’ dalla massa (mica siamo soli, basti pensare alle marginalità, ai senzatetto, ai migranti, alle donne vittime di violenza domestica e segregate in casa..): ma le istituzioni, lo Stato, i grossi media (eccettuata la stampa di settore)? Dove sono? Il “decreto cura-Italia” di recente approvazione in realtà, al di là di qualche piccolo beneficio – per chi ha un posto da dipendente, quindi è già in parte protetto, si veda la 104 triplicata – lascia scoperti in primis proprio loro, vittime perenni del sistema, invisibili e ignorati perfino più di noi: i caregiver.

Tornando alla gestione del mio piccolo metro quadro di quotidianità, come va? Nell’attesa che l’emergenza passi, stando più ferma del solito in casasenza riabilitazione e senza piscina né attività fisiche adattate causa “quarantena, con i tanti sintomi che si acuiscono, cara sclerosi multipla, oggi mi rivolgo a te: vedi di startene buona il più possibile almeno tu, ché là fuori, è uno stato d’assedio.