Ci vuole anche qui un disclaimer, è chiaro che non sto facendo benaltrismo. Non sto facendo benaltrismo né ‘guerra tra poveri’, ho goduto pure io quando ho visto le piazze di mezza Italia, compresa la mia città, riempirsi di manifestazioni di protesta contro l’affossamento del Ddl Zan. Piazze multicolori e arcobaleno, Pride improvvisati contro l’oscena e sguaiata curva da stadio che è diventata il parlamento (almeno una parte dell’emiciclo) dopo essere riuscita a silurare un disegno di legge semplice e cristallino.

Però stavolta il commento mi sale dallo stomaco. E I DISABILI?

(Sì, ho detto disabili e non ‘persone con disabilità’. Oggi mi sono rotta le scatole pure degli eufemismi e del politicamente corretto. “Io non sono la mia disabilità”? Lo so già, senza ricorrere a perifrasi. E poi, chi protegge, e cosa realizza per noi, il politicamente corretto? Ma questa è un’altra storia).

Anzi no, non è proprio un’altra storia: c’entra pure questo. Ho chiamato Claudia, la mia assistente privata, poco fa. “Claudia scusa, voglio scrivere un post sul Ddl Zan. Quindi su entrambe noi. Come posso chiamarti? Gay, lesbica, omosessuale, arcobaleno?” “Laura, grazie… per me non c’è problema… puoi dire gay”. Purché l’appellativo sia appropriato, ovvio. Era l’unica premura.

Dopo la ‘forma’ ritorno sulla questione di sostanza: E I DISABILI? Dove sono finiti i disabili, 1. dalla discussione e dal dibattito pubblico sul Ddl Zan, 2. da quelle, bellissime e colorate, piazze di protesta? Dove sono le storie, le narrazioni dei disabili nei casi di cronaca ripescati oggi, i pestaggi, le violenze, le sopraffazioni? Mi si obietterà, la disabilità è già ampiamente protetta e tutelata – sulla carta… – mentre da questa parte, solo il fatto che negli anni 20 del duemila si faccia ‘coming out’, è paradossale. Ma il compianto Ddl Zan proteggeva, allo stesso livello, sia le identità di genere e orientamento diverse, sia i disabili. Se ne ricorda qualcuno, a parte i diretti interessati? Siamo proprio scomparsi dai radar? Condannati all’irrilevanza?

Me lo conferma col suo candore proprio Claudia. “Che tristezza, Lalla. Perché ce l’avranno tanto con noi? E perché, invece, a voi proprio non vi si filano?” “Non lo so, Claudia. Forse perché questa società gretta e impaurita si accende come una miccia esplosiva al solo sentir parlare di sessualità. Se la sessualità prende la brutta piega della non conformità, bum. Noi no, per carità. Noi non siamo divisivi. A noi si vuole bene a destra, sinistra, centro. Se eravamo solo noi in gioco, la legge passava (poi magari restava sulla carta, come tante altre belle leggi di settore). Ma dove ci siete voi… Apriti cielo“.

In fondo noi, poverini, siamo dei disgraziati da proteggere, finché si può, naturalmente. Siamo “sfortunati”. I proclami di questo o quel politico a tema disabilità ricevono applausi scroscianti e bipartisan. Salvo poi arenarsi in un nulla ipocrita e incompetente. Vi ricordate il ministero della disabilità? Certo che sì, esiste ancora. Roba di concezione novecentesca come sappiamo, ghettizzante, roba da scuole speciali del secolo scorso. Eppure, quel ministero è stato istituito col fine – ufficiale, dichiarato – di proteggerci (altro bum). Eppure, chi ha voluto istituire quel ministero anni fa, è la stessa forza politica che oggi ha affossato il Ddl Zan, che appunto avrebbe voluto tutelarci! Non solo le persone LGBTQI+, ma anche i disabili, le persone con disabilità o come caspita vogliamo chiamarci! È noto questo all’opinione pubblica generale, quella non coinvolta, o no?

Noi non accendiamo micce esplosive, non scaldiamo gli animi. I buffetti e le pacche sulla spalla sono bipartisan. A meno che non si realizzi che non siamo “angelicati” e si parli di sessualità (penso a Max Ulivieri e alla sua battaglia per la figura dell’assistente sessuale), di fine vita (penso al referendum per l’eutanasia legale), insomma a meno che non incrociamo, sul nostro sentiero di “sfortunati”, temi caldi, ostici per la chiesa, i media e una parte di opinione pubblica che continua a vederci “pucciosi” (il termine non è mio ma di alcuni influencer che ringrazio). 

Ha destato qualche scalpore, ha guadagnato qualche copertina di TG, ha sollevato cori da stadio in parlamento, il recentissimo taglio degli assegni ai disabili che lavorano? Attenzione, parliamo di parametri e prestazioni già da fame: oggi tolgono pure queste, con una bella spinta o al lavoro nero, o all’assistenzialismo, o all’elemosina. Eppure, parenti e conoscenti non sanno nulla di ‘sta roba, e se ne escono con un, “dai, non ci posso credere, ma lo Stato non vi aiuta?“. Eppure, l’universo variegato delle disabilità conta a spanne 4 milioni di persone, più i familiari. Siamo 4 milioni di fantasmi?

Ecco perché oggi ce l’ho tanto col politicamente corretto e scusatemi, lo so che anche la forma è sostanza. Ma oggi avverto solo ipocrisia, irrilevanza, l’essere come al solito ignorata. Le persone LGBTQI+ reiette (almeno da certa politica); e noi (da tutta quanta) affettuosamente ignorati. Alla faccia degli appellativi.